Mio figlio nato morto in mezzo alla gioia di tante madri LA TESTIMONIANZA

La mamma oggi si appella agli ospedali, perché nessun'altra donna sia costretta a vivere la sua esperienza.

Mio figlio nato morto in mezzo alla gioia di tante madri LA TESTIMONIANZA
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“Mio figlio nato morto in mezzo alla gioia di tante madri”. E’ una testimonianza straziante quella di una madre lecchese che oggi si appella agli ospedali, perché nessuna altra donna sia costretta a vivere la sua esperienza.

Figlio nato morto

Una «mamma spezzata» che non accetta di essere trattata come «numero di una casistica, parte di una percentuale sfortunata di madri tra cielo e terra che non potranno mai cullare i propri bambini». Daniela Dell’Era ha perso il suo bambino tre settimane fa.

La testimonianza

Daniela ha deciso di raccontare pubblicamente il suo dramma - come riposta il Giornale di Lecco

«Da allora non riesco ancora a dormire. Appena chiudo gli occhi sento bimbi piangere, oppure rivedo il barattolo col mio bimbo in fondo al letto… Sono segni indelebili e spero che nessuna mamma e nessun papà debbano più soffrire come abbiamo sofferto noi» dice.

Il problema che la sua dolorosa esperienza ha pubblicamente riproposto, ancora una volta, è quello della mancanza, dentro gli ospedali, nella fattispecie in quello di Lecco, di percorsi separati tra le mamme ricoverate per dare alla luce i loro neonati e le donne che si ritrovano nelle stesse sale d’attesa e monitoraggio, poi in sala parto e infine in una stanza del reparto di maternità per partorire il «feto» morto che portano in grembo.

Non solo numeri

Capita al 2,5 per mille dei casi. Troppo pochi perché il problema trovi la soluzione auspicata. «Ma qualcuno dovrà pur fare il primo passo per cancellare l’indifferenza, la freddezza e il senso di abbandono che si è costretti a vivere in quei momenti» dice Daniela. «Il problema esiste ed è noto – sottolinea Rinaldo Zanini, direttore del dipartimento Materno Infantile dell’ospedale di Lecco –  Al Manzoni ce ne facciamo carico per quanto possibile con le risorse di cui disponiamo. Ma è un problema ‘oggettivo’»

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